Scritto da Annamaria Versori - 2AS
il 13 Aprile 2010.
Fregàti! Scommettiamo che avete aperto questo link perché credevate si parlasse di moda? Ebbene no; la passerella di cui parlo io è ben altra cosa…
15.09.09… Questa data per tutti voi voleva solo dire “ecco, inizia un nuovo anno di scuola tra i nostri cari, vecchi banchi del Marco Belli!”, ma per me significava molto di più…
Ho 17 anni e, pensate un po’, frequento ancora la seconda. Quest’anno, per me, il 15 settembre non era solo ripetere per l’ennesima volta questa classe, ma tante altre cose.
Innanzi tutto era il giorno del mio compleanno, quindi iniziava un nuovo anno di vita per me, ma anche un anno in una nuova classe, in una nuova scuola e in un nuovo ambiente; era questa la ‘passerella’ che intendevo. Eh sì, perché la sottoscritta si è passata tre anni di sudore al Liceo Socio-Psico-Pedagogico di Treviso. Anni non trascorsi propriamente tra rose e fior,i ma tra un sacco di insidie e paure. Forse non ci crederete, ma, di quegli anni, l’unica cosa che mi manca è la bidella del terzo piano (Rosa, I love you) che ogni tanto mi offriva una cioccolata calda nei gelidi inverni in cui mi avvinghiavo a un termosifone parzialmente funzionante in corridoio.
Scritto da Redazione
il 13 Aprile 2010.
E' un' equazione che piano piano inizia a prendere forma: "meno mangio e più sono sola". E' un'operazione perfetta, non le sfugge nulla e tutto si svolge in maniera precisa.
I meccanismi di questi disturbi restano un'incognita fino al loro apice, quando si manifestano agli occhi di tutti.
Il pensiero si focalizza sul cibo, sulle calorie che esso contiene e la mente viene invasa di domande come: "Quante calorie devo bruciare, se mangio questo alimento?", "Quali cibi hanno meno calorie?", "Quanti chili devo ancora perdere?". E mentre ci si ingarbuglia la mente con queste domande che non hanno risposta, si perde pian piano il contatto con la realtà, ci si isola dagli amici, evitando di uscire perché il cibo si trova ovunque e l'idea di dover mangiare qualcosa senza la possibilità di smaltirla immediatamente provoca angoscia.
Ricordo benissimo tutte le rinunce che ho fatto.
Scritto da Linda Diamante – 2 BL
il 13 Aprile 2010.
Liberi di far pratica per il futuro.
Mi accorgo che è un’amara sorpresa, per molti genitori, scoprire che i propri figli, giunti alla soglia dei tredici-quattordici anni, si trasformano rapidamente e assumono una personalità nuova e più complessa, che essi non sanno penetrare. Abituati a confrontarsi con bambini di cui conoscevano alla perfezione esigenze e sentimenti, si accorgono quasi all’improvviso di essere esclusi dalla segreta confidenza di questi adolescenti.
Finiscono per ritrovarsi sconcertati davanti ad un figlio che a quattordici anni continua a percorrere la strada che ritiene istintivamente più opportuna, mentre loro vorrebbero che iniziasse ad ampliare da solo le proprie conoscenze, ad interessarsi alla quotidianità più concreta, alla storia, a tutto ciò che succede fuori.
“Superficiali”, ci definiscono. Ai loro occhi siamo ancora creature bisognose di guida. Forse hanno ragione, ma in questo caso la responsabilità è da ricercare proprio nel loro insegnamento. Spesso sono genitori che non ci hanno insegnato a “ragionare”, a far sì che ci costruiamo un punto di vista personale, ma ci hanno imposto invece la loro autorità e il loro concetto di “giusto o sbagliato” senza tener conto minimamente dei nostri interessi.
Scritto da Redazione
il 13 Aprile 2010.
“Dopo un po’ … impari la sottile differenza tra tenere una mano e incatenare un’anima. E impari che l’amore non è appoggiarsi a qualcuno. E la compagnia non è sicurezza. E impari che i baci non sono contratti. E i doni non sono promesse. E impari ad accettare tutte le sconfitte a testa alta, con gli occhi aperti, con la grazia di un adulto, non con il dolore di un bimbo. E impari a costruire tutte le tue strade oggi, perché il terreno di domani è troppo incerto per fare piani. Perciò, pianti il tuo giardino, e decori la tua anima, invece di aspettare che qualcuno ti mandi fiori.” (Enrico Brignano)
“E’ meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna.” (Il cacciatore di aquiloni, Khaled Hosseini)
“L’amore deve manifestarsi di colpo, esplosione di lampi e fulmini, uragano nei cieli che si abbatte sulla vita, la sconvolge, strappa via ogni resistenza come uno sciame di foglie e risucchia nell’abisso l’ intero cuore.” (Madame Bovary, Gustave Flaubert)
Scritto da Elena Cassia
il 12 Aprile 2010.
Se ne stava lì, appena fuori dalla porta della sua piccola e semplice capanna. Era un vecchio, forse il più vecchio del villaggio, e non si sa se per sua spontanea volontà o per quella degli abitanti, viveva lontano da tutte le altre capanne, al limitare del lago che circondava per due terzi il piccolo agglomerato di abitazioni.
Il vecchietto se ne stava sull'uscio e pensava. Osservava il bosco, dove era stato fino a solo tre ore prima.
La notte era quieta e silenziosa.
Ogni giorno, non appena il sole sorgeva e tingeva il panorama di una sfumatura rosata, il vecchio camminava e camminava fino a raggiungere il bosco, portando con sé solo un bastone di nocciolo.
Ogni tanto capitava che passasse per il villaggio.
Scritto da prof.ssa Luisella Saro
il 08 Aprile 2010.
“Pijate 'na pastija, sient'a mme...”.
So bene che a scuola non si possono somministrare medicinali di alcun tipo (sono stata per anni tra i docenti del “Primo soccorso” ed ho partecipato perciò ad un buon numero di ore di aggiornamento in materia) ; lungi da me, dunque, incitare al “fai-da-te” nell’uso dei farmaci.
Sono altre le “pastiglie”, le “pillole” alle quali mi riferisco.
Se pensate ad un articolo sugli anticoncezionali, vi avverto: siete fuori strada.
Scritto da anonimo
il 31 Marzo 2010.
“Libera nos a malo, ma libera piano piano, così scordiamo com’è”.
Argomento totalmente diverso, quello del brano di Ligabue; ma quando qualcuno menziona la parola “Libera”, la maggior parte delle volte viene in mente quella canzone.
“Libera” non è solo una canzone.
Libera è un’associazione anti-mafia che con prepotenza fa risuonare il suo grido da nord a sud.
Aiuta la gente colpita dalla mafia, direttamente o indirettamente; protegge, soccorre, ma, soprattutto, si ribella.
Si ribella alla prepotenza arrogante della mafia, in memoria anche di quelli che hanno tentato, ma hanno anche fallito.
Si ribella alla falsa bonarietà dei boss mafiosi, che non fanno altro che proteggersi con barricate e recinzioni, formate dalla pelle e dalle ossa di quelle persone che credono in loro, nella loro protezione, nei loro favori.
Il comportamento più grave è però, ora, l’indifferenza della gente: voltare le spalle, negare l’evidenza.
Libera.
“Noi non vediamo l’ora di chiuderla, Libera!” esclama forte Davide Mattiello, il portavoce, che con grande forza di volontà continua ad andare avanti nella sua lotta, un passo dopo l’altro. Il giorno in cui “Libera” non esistesse più, racconterebbe al mondo che le mafie, in Italia, sono state sconfitte.
Forse oggi è questa la priorità: uscire dalla nostra casa riparata e confortevole e aprire gli occhi. Se non per ribellarsi, per rendersi almeno conto del mondo sporco che ci circonda.
Scritto da Valentina Pastorelli – 4 CL
il 31 Marzo 2010.
“Ecco a voi un tornado di energia: Davide Mattiello…” .
E’ stato presentato cosi l’ospite, il protagonista della conferenza sulle mafie, tenutasi il 5
febbraio presso l’ITIS di Portogruaro. Capelli corti, tatuaggi, vestiti giovanili, sguardo
deciso, statura possente, voce imponente, linguaggio semplice; chi meglio di quest’uomo poteva
rivolgersi a un gruppo di circa cento adolescenti?
I responsabili di “LIBERA”, l’associazione antimafie, non poteva fare scelta migliore.
Dopo la presentazione generale è cominciata la vera e propria conferenza. I ragazzi sono intervenuti sporadicamente, in quanto i racconti di Mattiello erano tanto coinvolgenti quanto crudi e tristemente reali. Alla domanda: “Ma la mafia c’è anche al nord?” , Mattiello ha risposto con una grassa risata, dicendo che ce n’è ne molta di più di quello che ci si immagina, solo che qui, al nord, rispetto al sud, è più viscerale, più segreta e più silenziosa.
Ciò che non cambia tra nord e sud, per certi versi, è il comportamento della gente, il tipico “non vedo, non sento, non parlo” che rende possibile ai boss e ai collaboratori del regime del terrore di agire indisturbati.
Ciò che Mattiello ha voluto far capire durante le due ore di discussione era un unico concetto base: non rimanere indifferenti.
Per sostenere questa sua volontà, ha portato molti esempi spiazzanti; il più significativo e sconcertante è stato quello per cui negli ultimi quattro anni, nel comune di Vibo Valentia sono spariti una ventina di ragazzi. Spariti letteralmente, in quanto i corpi non sono stati trovati da nessuna parte; si continua a cercare per il quieto vivere del paese e dello Stato, ma in fondo si sa dove sono finiti quei corpi: sciolti nell’ acido.
Questa è una tipica e antica condanna per i cosiddetti “infami”, coloro che per aver tradito il “padrone” non sono degni neanche di essere nominati. Ma non basta la crudeltà di uccidere con un colpo di pistola o a coltellate; devono essere sciolti nell’ acido proprio per privarli anche dell’ultimo rito: il funerale. Eliminarli per sempre. Ed eliminarne pure il ricordo.
Parole dure, fredde, piene di rabbia; parole di chi queste cose le ha vissute in prima persona; parole di uno che ha deciso di mettere in gioco la propria vita per combattere queste raccapriccianti ingiustizie; parole di un uomo che chiede di essere aiutato e sostenuto in questa battaglia.
La due ore di conferenza si cono concluse con un invito di aiuto rivolto a tutti, perché tutti, nel loro piccolo, possono contribuire allo smantellamento graduale di questo orrore che in una società moderna del XXI secolo non ci dovrebbe essere, anzi, non dovrebbe essere nemmeno pensabile.
Scritto da D.P.E.
il 31 Marzo 2010.
Davide Mattiello parla agitato, gesticolando nervoso e ripetendo più volte gli stessi ampi movimenti di mani e braccia. Si capisce che "Libera", associazione antimafie, fa ormai parte della sua vita; è forte il desiderio di raccontare la sua esperienza e di essere ascoltato.
Racconta la sua storia dal principio, in una periferia malfamata di una grande città, portata al degrado più totale dalla chiusura dell'unica struttura che ancora rendeva civile quel posto: una scuola.
Questa, come racconta Mattiello, si trovava in una posizione centrale della zona, era un sole in mezzo al buio. Questo sole si trasformò invece in un buco nero: la scuola, una volta chiusa, fu presa all'assalto da quei parassiti che sono gli spacciatori, portatori di un male che è la droga.
Ciò che all’epoca si propose Mattiello, figlio di quella città che è Torino, era di sconfiggere questo male come un guerriero, barricandosi in quella struttura come un soldato in trincea, per combattere il nemico nel modo migliore, attaccandolo cioè dall'interno.
Parla con foga dei vari attacchi subiti, di quei giorni difficili in cui per il bene ha rischiato grosso; quel bene che poi ha vinto, cacciando il male da quella zona e trasformando la struttura in un centro di recupero per gente in difficoltà.
Ora Mattiello tenta di rendere ciò che ha fatto nella sua città, una realtà anche per il resto del territorio italiano.
Per questo da anni collabora con "Libera", portando avanti quel progetto di "liberazione" dell'Italia dal groviglio di male che è la mafia.
Scritto da anonimo
il 31 Marzo 2010.
Lettera aperta alla mia scuola nel “Giorno della memoria”
No! All‘indifferenza. Sì! Al ricordo.
27 Gennaio 1945. Le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione Berlino, arrivano presso la città di Auschwitz, scoprendo il campo di concentramento e liberando i pochi superstiti.
Si dice di ricordare. Si dice di non dimenticare. Si spendono tante belle parole per incitare la gente e soprattutto i ragazzi a ricordare per evitare il cosiddetto “negazionismo”. Scuole elementari e medie parlano della Shoah e ricordano la giornata della memoria con alcuni minuti di silenzio. Ma allora… Perché i licei, le scuole superiori non ricordano? Perché nessun insegnante accenna all’argomento? Perché alla domanda: “Che giorno è oggi?” (27 Gennaio) molti si aspettano la risposta: “La giornata della memoria”, e invece si sentono dire: “ Il compleanno di Mozart”?
Scritto da Riccardo Pauletto – 5 DS
il 31 Marzo 2010.
Eno Mucchiutti, il “cantante del lager” che grazie alla propria voce riuscì a sopravvivere all’inferno, un inferno di cui alcuni tuttora negano l’esistenza
Eno Mucchiutti, nato a Cormons nel 1919, baritono, grazie alle sue doti riuscì a sopravvivere all’inferno degli undici mesi che visse da deportato a Dachau, Mauthausen, Melk ed Ebensee. Solo recentemente Mucchiutti ha scelto di raccogliere in un libro la sua testimonianza, curata da Marco Coslovich. “Avevo sempre intenzione di scrivere queste memorie – spiega Mucchiutti - ma pensavo: forse è meglio scordare tutto, ma non mi è stato possibile farlo. Il pensiero del lager mi perseguita, perché rivedo gli amici di sventura che non sono mai più tornati, spariti in una nube di fumo, sul momento quasi una liberazione da quelle enormi sofferenze. Mai li ho dimenticati, mai li dimenticherò”.
Scritto da Eleonora Duz - 5 AL
il 31 Marzo 2010.
“Si salva perché, paradossalmente, i Nazisti amano la musica italiana.” Così viene spiegato lo strano caso di Eno Mucchiutti, un deportato triestino sopravvissuto al campo di concentramento nazista. Dovrebbe essere lui stesso a raccontare la sua storia ai molti studenti che si sono riuniti nell’aula magna dell’ITIS Leonardo Da Vinci di Portogruaro; purtroppo, però, è ammalato.
E’ il 3 febbraio 2010 e a parlare è il curatore del libro “Il cantante del lager”, Marco Coslovich, insegnante, giornalista pubblicista, studioso e ricercatore di storia contemporanea.
Scritto da Silvia Pramparo - 5AL
il 31 Marzo 2010.
Eno Mucchiutti, deportato politico italiano nei campi di concentramento di Dachau, Mauthausen, Melk e Ebensee si racconta senza pudore nel libro “Il cantante del lager”. È la storia di un baritono che si salva grazie alla sua voce melodiosa. Il suo racconto è straordinario, perché riportato senza censura o auto giustificazioni. La sua è una testimonianza cruda, vera e diretta, per quanto drammatica, come asserisce il relatore Marco Coslovich durante la conferenza tenutasi presso l’ Istituto “Da Vinci” di Portogruaro il 3 Febbraio scorso.
Scritto da Sofia Vizzon – 5 AL
il 31 Marzo 2010.
Possibile pensare ai lager nazisti come pura invenzione?
È quello che si domanda Marco Coslovich durante l'incontro tenutosi all'istituto “Itis-Leonardo da Vinci” di Portogruaro, in occasione del “Giorno della memoria” il 3 febbraio 2010.
Alla conferenza sono presenti studenti di varie scuole ed insegnanti; manca purtroppo Eno Mucchiutti, ex deportato politico dei lager nazisti, a causa di una indisposizione.
“Questa” afferma Coslovich “è l'ultima generazione che potrà ascoltare dal vivo le testimonianze degli ex-deportati”.
Scritto da Debora Velo – 4 AL
il 31 Marzo 2010.
Studiare la storia non significa solo apprendere passivamente i vari avvenimenti raccontati dal libro di testo, ma anche venire a conoscenza delle vicende umane di coloro che la storia l'hanno vissuta in prima persona.
Noi studenti della 4^ AL abbiamo avuto l'opportunità di prendere parte ad un' esperienza di questo tipo, attraverso un progetto che ci ha permesso di ricostruire un percorso storico con grande entusiasmo e cioè di approfondire l'esodo istriano durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Abbiamo quindi avuto modo di produrre un lavoro mediante la raccolta di fonti scritte ed orali degli esuli istriani, insediatisi negli anni '50 a Bibione.
Tutto ciò è stato reso possibile grazie all’ aiuto dei professori Anna Zago, Riccardo Tre e Paola Franchi.