Scrivono i Prof

Scripta manent

Scritto da prof.ssa Luisella Saro il 26 Marzo 2010.

Avvertenza per i grafologi, gli psicologi, gli alternativi, i creativi: passate all’articolo successivo.
Premessa: ho una grafia pessima (perché nessuno, quand’ero piccola, mi ha aiutata a capire quanto importante fosse scrivere “bene”, condizione necessaria per essere compresi “bene”) ed è proprio per questo che mi permetto di affrontare l’argomento.

E’ vero che buona parte delle cose che scriviamo non han più bisogno della penna; che le stilografiche che “aspiravano” inchiostro o alle quali dovevi cambiare le cartucce sono finite in qualche cassetto o, nuove di zecca, son rimaste nella scatola della prima Comunione. E’ vero che prevalentemente scriviamo al computer o gli sms al cellulare; è vero anche, però, che a scuola, volenti o nolenti…si scrive. Foglio bianco, a quadri o a righe e penna alla mano.

Dura lex, sed lex.
Non voglio neanche toccare di striscio il problema degli orrori…ops…errori ortografici, sintattici, lessicali che, come il prezzemolo, pare “vadano su tutto” e così “riempiono di sapore” (tanto per rimanere in tema culinario) i compiti che correggiamo tutti i giorni in tutte le discipline. Al solo pensiero (che sia allergica al prezzemolo?!) mi viene l’orticaria.

Il tema in questione è un altro. La grafia.
Non so quanti scritti mi son passati sotto gli occhi da che insegno. Vado a spanne. Decine di migliaia. E’ sempre un’avventura entrare in un compito ed orientarsi tra le parole (non parlo di “senso” del testo; quello è un altro problema ancora); è un’avventura e come tutte le avventure ha i suoi lati affascinanti e positivi. Di fronte ai geroglifici, però, no. Mi fermo. Mi rifiuto. Sono laureata in Lettere, io, mica in Egittologia!

Alcuni esempi: lo studente che ha deciso di scrivere tutto in stampatello maiuscolo. Grafia inesistente, se non in qualche pubblicità, che, lo capite bene, pur sembrando la più chiara tra tutte, impedisce all’insegnante di italiano che è pagato anche per verificare la correttezza della lingua scritta, di appurare se l’allievo conosce la differenza tra la lettera maiuscola e la lettera minuscola. Scusate se è poco!

Secondo esempio: lo studente “creativo”, che ha deciso autonomamente che si possono mescolare come in un minestrone, come nella macedonia, grafie diverse; e così, in mezzo ad una parola scritta in corsivo, infila una “erre” o una “effe” in stampatello maiuscolo, o scrive alcune lettere in corsivo ed altre in “script”, o alterna le “enne” scritte come le “u” alle “enne” scritte con le loro due montagnette e tu ti scervelli a chiederti perché non ha fatto una scelta “a priori” e poi l’ha mantenuta e cerchi di interpretare, ipotizzi, ricostruisci mentalmente quel che manca…

Terzo esempio: c’è lo studente per cui scrivere in corsivo “a” “con la gambetta” (mi pare di essere tornata in prima elementare e so che sto scrivendo per gente che ha dai quattordici anni in su) o scriverla “senza gambetta”, in fondo, è la stessa cosa, perché, con un’alzatina di spalle, ti fa: “Tanto si capisce, prof., quello che INTENDEVO dire…”. E se tu magari hai anche capito cosa INTENDEVA dire (ma non ha detto), è lui che non capisce che purtroppo c’è bisogno che le parole concordino tra loro e che, pur in un’epoca un tantinello confusa come la nostra, “bambino” è diverso da “bambina”, per cui l’aggettivo nel primo caso sarà maschile e nel secondo caso femminile. In questa confusione tra i sessi, ahimè, le “a” e le “o” contano ancora. Purtroppo.
Che stress, la morfologia!

Ultimo esempio (ma solo per non annoiare il lettore, perché, capite bene, non si finirebbe più).
Lo studente che “fonde” le lettere. Scrive ed evidentemente è innamorato e allora fa in modo che le due “elle” si bacino e diventino una; e così le “effe”, o le “ci”; o aumenta a suo piacimento le “gambine” delle “enne” o delle “emme”, sempre nel massimo rispetto della sua filosofia: “Su, prof., non faccia tanto la difficile! E’ chiaro che quella, anche se ha quattro gambe è una ‘emme’ e non sono due ‘enne’”.

Sì, forse “è chiaro” per te, che a tempo perso leggi le carte (oltre a quelle dei compiti in classe) per arrotondare lo stipendio e vedi dentro la palla di vetro cosa accadrà…due secondi dopo aver discusso con l’allievo in questione. Andrai all’ultima pagina e gli mostrerai il giudizio e il voto. (Sai che “previsione”!).

Piccolo particolare che è necessario che comunichiamo agli studenti (ed ora divento serissima) se abbiamo a cuore il loro bene. All’esame di Stato, e soprattutto nella vita, potrà capitare sotto gli occhi di qualcuno che non conoscono un loro testo, scritto a mano. Correttezza e contenuto a parte (ci torneremo sopra in un altro momento) sarà necessario, anzi indispensabile, che quello scritto sia scritto BENE. Che le “a” siano “a”, che le doppie si vedano (si baceranno un’altra volta), che se si sceglie lo script, si scelga se non per la vita - finché morte non vi separi, almeno dall’inizio alla fine di quel testo, e così se si opta per il corsivo.

All’esame di Stato e nella vita non c’è tempo e non c’è motivo per scervellarsi a decodificare l’indecodificabile, ergo: quel che non si capisce è considerato un errore e fiera finita. “Uomo -e donna- avvisati…”.

Spero che grafologi, psicologi, alternativi e creativi abbiano seguito il consiglio e saltato l’articolo che certamente non condivideranno. Avessi voluto fare la grafologa, la psicologa, l’alternativa o la creativa mi sarei iscritta ad un’altra facoltà o avrei seguito un corso per corrispondenza. Per fortuna faccio l’insegnante di italiano e, tra le altre cose, sono chiamata ad insegnare agli studenti ad esprimersi bene, nel contenuto e nella forma e ad essere chiari.

Dimenticavo: sono certa, anzi certissima, che i ragazzi, oltre che nella grafia, possono esprimere pienamente la loro personalità anche in TANTI altri modi e che non è mai finito in un reparto psichiatrico né è mai morto nessuno perché la maestra, alle elementari, insisteva sulla “calligrafia”… (Ve l’avevo detto di saltare l’articolo! Non mi date retta e poi vi viene il bruciore di stomaco…).

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